Armamento delle opere fino al 1945


Per l’armamento delle opere del Vallo Alpino si utilizzarono armi già presenti in arsenale o in dotazione ai reparti, senza quindi realizzare apposite versioni o progettarne di nuove. In alcuni casi esse vennero utilizzate sul proprio affusto, in altri casi furono progettate apposite realizzazioni l’installazione dell’arma nei vari tipi di casamatta esistente. Per l’armamento delle opere del Vallo Alpino si utilizzarono armi già presenti in arsenale o in dotazione ai reparti, senza quindi realizzare apposite versioni o progettarne di nuove. In alcuni casi esse vennero utilizzate sul proprio affusto, in altri casi furono progettate apposite realizzazioni l’installazione dell’arma nei vari tipi di casamatta esistente.
Diverso il discorso delle corazzature che vennero invece realizzate appositamente per essere usate all’interno delle postazioni del Vallo.

Mitragliatrici
La prima arma utilizzata nel Vallo fu la mitragliatrice Fiat mod.14 che venne sostituita poi dalla Fiat 14/35. La Fiat mod.14 era un’arma con raffreddamento ad acqua ed era quindi necessario prevedere all’interno delle postazioni, spazio per il bidoncino dell’acqua. Questo influenzò la forma delle stesse e anche la dimensione delle feritoie, che dovevano permettere il movimento dell’arma che era dotata di un manicotto abbastanza ingombrante. All’interno delle postazioni in calcestruzzo è spesso possibile riconoscere alcune nicchie realizzate appositamente per l’installazione di tale arma, tra cui lo spazio appunto per il bidoncino dell’acqua normalmente sotto alla feritoia, così come uno spazio riservato alle munizioni che erano in caricatore da 50 colpi.
La Fiat 14/35 era una evoluzione di diverso calibro, raffreddata ad aria, ed ottenuta per conversione delle Fiat 14 esistenti, divenne ben presto la dotazione standard delle opere del Vallo.
Entrambe le armi erano installate sia in casamatta con diversi modelli di piastra, sia nelle torrette metalliche attraverso diversi tipi di affustini realizzati appositamente. Nelle casematte prime di piastra metallica erano invece installate sul loro treppiede originale. Queste postazioni sono di solito riconoscibili anche per la presenza di un basamento in cemento che permetteva all’arma di arrivare al livello della feritoia.

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La fiat 14/35 sarebbe stata poi sostituita dalla mitragliatrice Breda 37, ma non è chiaro quante postazioni siano state effettivamente riarmate con tale arma.
Per la difesa degli ingressi e per la difesa vicina delle postazioni, era previsto l’suo dell’armamento individuale ma anche del fucile mitragliatore Breda 30, quest’ultimo utilizzabile anche in torretta metallica. Era inoltre possibile installare la mitragliatrice Fiat 14/35 sulle porte garitta e sugli ingressi con porta “rasa”, per i quali era previsto un apposito affustino dedicato, sebbene si tratti di installazioni piuttosto rare.


Artiglieria anticarro
La prima arma anticarro scelta per l’installazione era il cannone Nordenfelt 57/43 R.M mod.887, di cui si aveva ampia disponibilità in quanto dismesso dal servizio sulle unità navali. Esso venne installato sul suo affusto a candeliere originale in casamatta con piastra metallica e in alcuni casi con putrelle metalliche a rinforzo del soffitto. Il sostituto del 57/43 venne identificato nella nuova arma del Regio Esercito, ovvero il cannone 47/32 mod.35. Esso doveva essere installato in casamatta sul suo affusto campale, oppure su sostegni metallici a forma di coda di rondine, ancorati al pavimento della casamatta. Dove sostituiva il 57/43 si manteneva la piastra metallica esistente e si utilizzata il già citato affusto a coda di rondine. La sostituzione non venne comunque mai completata e la maggior parte delle postazioni non ricevette mai l'arma prevista.

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In alcune realizzazioni più recenti furono usati in funzione anticarro anche artiglierie di altro tipo come vedremo nel prossimo paragrafo. 


Artiglieria per appoggio e fiancheggiamento
Il pezzo più utilizzato nel Vallo fu il cannone 75/27 modello 06, di cui si aveva ampia disponibilità dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Il primo tipo di installazione era in casamatta metallica per cui si era realizzata un apposita struttura in acciaio al carbonio resistente ai grandi calibri, del peso totale di circa 39 tonnellate. La casamatta veniva prodotta in tra parti e montana annegandola nel calcestruzzo della postazione e offriva uno spessore di 32 cm di acciaio nella parte frontale. Il pezzo veniva montato su un affusto speciale ancorato al perno di brandeggio posto sulla feritoia ed appoggiato su una rotaia graduata che era invece fissata tra il pavimento e la parte metallica della casamatta. Erano di certo poco vulnerabili dato l’ampio uso di acciaio e la ridotta dimensione che però sacrificava molto l’operatività rendendo difficile il lavoro dei serventi al pezzo. Inoltre, si trattava evidentemente di un manufatto molto costoso, limitandone quindi la realizzazione a poche opere man mano che il sistema si sviluppava. Ampia diffusione ebbe invece l’installazione definita tipo 4 o affusto tre croci. In casamatta in calcestruzzo, il pezzo veniva montato mantenendo culla e organi elastici su un affusto speciale. La cannoniera aveva una piastra dello spessore di 10cm fissata a delle putrelle annegate nel calcestruzzo. Sulla piastra era montato un giunto sferico in cui il vivo di volata, provvisto di una apposita prolunga, poteva scorrere durante lo sparo.

 

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Nonostante sia facile imbattersi in questo tipo di istallazione soprattutto in Friuli, pochissime di esse vennero completate con l’installazione del giunto sferico e del pezzo. Era possibile installare il pezzo anche in caverna, sul proprio affusto campale, come sistemazione temporanea oppure su apposito carrello con affusto a coda di rondine, installazione che si può vedere negli allegati tecnici della circolare 200 ma che risulta molto rara da trovare nelle opere arrivate fino ai giorni nostri. Lo stesso pezzo risulta previsto, sempre sul suo affusto campale, in azione anticarro e sempre in casematte in calcestruzzo in caverna (ad es. op2, 4 e 7 dello sbarramento di But a Priola).
Un altro pezzo utilizzato nelle opere fu il 65/17 mod. 1908, esclusivamente sul suo affusto campale e in casematte in caverna o in calcestruzzo. In alcune installazioni venne considerato in azione anticarro (ad es. Op.1 sbarramento But a Priola) e in azione di fiancheggiamento, battendo tratti di strada in vicinanza di interruzioni (ad es. Op9bis sbarramento di Cima Gogna).

 

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Limitato uso nelle opere ebbe infine il pezzo 100/17 mod 14 e 16, che venne considerato per armare alcune opere d’artiglieria come ad esempio la 10 dello sbarramento di Passo Monte Croce Comelico, dove erano previsti 6 pezzi in grandi casematte dove il pezzo avrebbe dovuto essere installato sul proprio affusto campale.

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Oltre alle armi menzionante erano stati previsti:
Mortai: con lo scopo di battere gli angoli morti e per difesa vicina. Vennero previsti appostamenti predisposti all’esterno delle opere e progettati anche postazioni protette integrate nelle opere di cui pochissimi esempi sono stati realizzati (ad esempio Op.4. Sbarramento dello sbarramento di Sares Montana). 
Lanciafiamme: furono ideati sia per la difesa vicina delle feritoie, sia per la difesa del tetto dell’opera. Particolare sarebbe stato quest’ultimo che consisteva di un ugello a scomparsa con azione a 360°. La cosa rimase alla fase di studio anche se in alcuni sbarramenti, almeno sulla carta, ne venne prevista la postazione e le nicchie per ospitare impianto e liquido (ad esempio Op.3 sbarramento Cimabanche). Molto probabilmente per armare le postazioni di difesa vicina, si sarebbe potuto utilizzare uno dei modelli già in dotazione al Regio Esercito.